Le prime informazioni sulle nutrici risalgono al 2000 a.C., le balie venivano assunte spesso dietro un lauto compenso e avevano compiti importanti, oltre ad accudire i bimbi provvedevano anche al loro allattamento.
La decisione di affidare la cura e, molto spesso, l'allattamento del bambino a una balia veniva per lo più presa da donne appartenenti a classi sociali benestanti; poteva però anche scaturire da esigenze più concrete quali il decesso della madre per cause inerenti il parto o la mancanza di latte o a causa di malattie che impedivano alla madre di prendersi cura del neonato.
Una pratica che è durata fino agli inizi del ‘900 e che è poi decaduta, forse a causa del timore di trasmissione di malattie tra la donna e il neonato. Ma le mode si sa, tornano.
È questo il caso del “milk sharing” un fenomeno sempre più endemico che spopola sul web, dove donne in allattamento decidono di vendere un po' del loro colostro.
Non è un metodo sicuro, lo denunciano gli stessi medici con un’analisi presentata al Meeting annuale delle Pediatric Academies Societies (PAS) che quest’anno si tiene a Baltimora, USA.
"La condivisione del latte non regolamentata via Internet presenta problemi di sicurezza e va scoraggiata", spiega Ruth Milanaik, un’autrice dell’analisi condotta dal Cohen’s Children Medical Center di New York.
"I medici – continua Milanaik - dovrebbero essere consapevoli del risorgere di questa pratica e incoraggiare la condivisione del latte attraverso apposite banche".