Al di là degli sciacalli pronti ad aumentarne il prezzo anche del 600%, degli sfottò virali, in questo delicato momento l’Amuchina realmente può essere un valido alleato per contrastare la diffusione del coronavirus. Ovviamente insieme alle altre norme igienico-sanitarie consigliate dal ministero della Salute, come lavare costantemente le mani ed evitare luoghi affollati.
Consigli utili certo, ma per ora la star indiscussa dell’epidemia, forse egugliata solo dalla mascherina, è l’Amuchina. Tutti la vogliono, la cercano e sono disposti a pagare anche cifre esorbitanti per averla e farne scorta, ma in pochi sanno chi e quando l’ha inventata. Ma velo diciamo noi: il brevetto del 1923 porta la firma di un altamurano, Oronzio Denora (1899-1995), ingegnere elettrotecnico e genio delle applicazioni della chimica nell’industria.
Figlio dell’ingegnere civile Michele De Nora (esperto di ferrovia e acquedotti). Oronzio fece fortuna a Milano dove fondò un’industria che oggi è una multinazionale, un colosso nella produzione di elettrodi.
Mente molto raffinata, a Oronzio la passione per le scienze era stata trasferita dal padre. Uno studente eccezionale, non temeva alcun esame, nemmeno quelli in apparenza proibitivi - come racconta l’aneddotica della famiglia De Nora - per lui il padre coniò il motto ”Durantes vincunt”. Chi persevera vince.
Oronzio ebbe grandi intuizioni e una di queste portò all’invenzione di un potente antibatterico, l’ipoclorito di sodio diluito in acqua. La brevettò come “Amuchina”. Poi vendette il brevetto e nel 1924 fondò la sua ditta e si lanciò in un mondo in cui fu pioniere: la realizzazione di impianti per la produzione di cloro e soda caustica. Le redini del gruppo chimico industriale furono poi prese dal figlio Niccolò e oggi sono tenute dai nipoti Federico e Michele.